Il processo di fotosintesi ha luogo in un organello chiamato cloroplasto, che e' presente nelle cellule di tutte le piante superiori e anche della maggior parte delle alghe. Questa microfotografia eseguita al microscopio elettronico da Peter Hepler della Harvard University mostra unframmento di cloroplasto. Il luogo in cui il processo fotosintetico si verifica e' all'interno delle membrane scure che si possono osservare, disposte in lunghi strati paralleli. La formazione triangolare chiaramente visibile e' un granulo di amido che e' stato prodotto dalla fotosintesi.l'acqua e utilizzando l'energia dei fotoni della radiazione solare, secondo uno schema semplificato che si puo' scrivere:(CO2+ H20) + fotonimateriale organico + 02.Il materiale organico prodotto dalla fotosintesi costituisce anche un efficiente mezzo di accumulo dell'energia solare convertita sotto forma di legami chimici.Il processo fotosintetico avviene sia nelle piante che in batteri. La parte verde della pianta assorbe la luce solare e separa le cariche positive dalle negative, le quali vengono mantenute separate grazie a un delicato sistema di membrane asimmetriche presenti nei cloroplasti. Sia le cariche positive che quelle negative possono essere utilizzate dall'apparato enzimatico delle piante verdi. Gli atomi di idrogeno, ai quali vanno le cariche negative, possono venire utilizzati per ridurre l'anidride carbonica e produrre zuccheri; solo in rari casi il processo di riduzione puo' essere evitato, in modo da ottenere dalle piante (o dai batteri) direttamente la produzione di idrogeno. Le cariche positive invece, che vanno agli atomi di ossigeno, possono essere usate per ossidare l'acqua e produrre ossigeno molecolare ; del resto tutto l'02 presente nell'atmosfera della Terra si ritiene sia stato prodotto (e rigenerato) proprio tramite questo processo.Nel ciclo di riduzione del carbonio (visualizzato nello schema qui a fianco) generalmente il potere riducente [H] primario prodotto nella parte della pianta che contiene clorofilla e' utilizzato per ridurre la CO2 e quindi per sintetizzare tutte le componenti delle piante (grassi, idrocarburi, proteine, carboidrati, amminoacidi, acidi nucleici ecc.). Il ciclo di riduzione del carbonio puo' quindi essere usato sia come sorgente di energia sia come fonte di materiali (organici).Questo processo avviene con una efficienza energetica che solo apparentemente e' bassa: la frazione di energia solare che viene fissata varia infatti - secondo i casi - dallo 0,1 al 3,0 per cento, ma e' importante osservare che queste cifre riguardano il processo completo, inclusa l'accumulazione dell'energia. Per confronto il rendimento energetico di celle fotovoltaiche, che puo' raggiungere il 12-15 per cento, non include invece l'efficienza dei costosi sistemi di accumulo.Si puo' osservare che, non piu' di 50 anni fa, i composti del carbonio prodotti annualmente dalla fotosintesi venivano usati per ottenere combustibili, fibre, cibo e derivati chimici, mentre oggi essi vengono usati solamente - o quasi - per produrre cibo. Tuttavia, per risolvere i nostri attuali problemi, sarebbe un errore pensare di ricorrere ai processi fotobiologici tramite le tecnologie di mezzo secolo fa, dato che, certamente, esse non sarebbero piu' in grado di soddisfare molte delle necessita' dell'uomo dell'era del petrolio. Occorre, piuttosto, grazie a un approfondimento della conoscenza dei processi elementari, sviluppare tecnologie piu' efficienti per utilizzare gli attuali processi fotosintetici e ridurre di conseguenza la nostra richiesta dei prodotti fossili di processi fotosin-La raccolta dell'energia solare mediante processi naturali di collezione di quanti include la generazione di idrogeno oppure la riduzione dell'anidride carbonica. Normalmente la fotosintesi utilizza i quanti per la riduzione di CO2. Mentre i sistemi fotochimici possono produrre solo idrogeno, la fotosintesi invece puo' produrre sia idrogeno che carbonio allo stato ridotto. Il processo fotosintetico cosi' come si e' imparato a comprenderlo negli ultimi senti anni a% iene sia nelle piante sia nei batteri. La parte verde della pianta, schematizzata al centro, assorbe la luce solare e separa le cariche positive e negatile. Le cariche positive e negative possono essere utilizzate dall'apparato enzimatico delle piante % erdi. Gli atomi di idrogeno, ai quali %anno le cariche negative, possono venire utilizzati per ridurre la CO2 e generare zuccheri; le cariche positive, che vanno agli atomi di ossigeno, possono essere utilizzate per ossidare l'acqua e generare ossigeno molecolare. La parte centrale del diagramma rappresenta l'apparato di conversione dei quanti. Il ciclo di riduzione del carbonio (il circuito esterno circolare) usa il potere riducente primario prodotto nella parte della pianta che contiene la clorofilla per ridurre la CO2. Dopo l'ingresso della CO2 nel ciclo fotosintetico vengono sintetizzate tutte le componenti della pianta (grassi, idrocarburi, proteine, carboidrati, amminoacidi, acidi nucleici, ecc.).A partire dall'energia contenuta nello spettro solare al livello del mare (prima riga in colore) sono qui visualizzate (in grigio) le successive perdite energetiche nel normale processo di conversione clorofilliana dell'energia solare. In colore, volta per volta, l'energia residua, alla quale si riferisce la cifra percentuale. A destra sono indicate le cause che determinano le corrispondenti perdite.QUANTI DI LUCE SOLAREGRASSI AMMINOACIDI PROTEINE ACIDI NUCLEICICOMPOSTI AROMATICIRIBULOSIO 5-FOSFATO100LA CLOROFILLA ASSORBE SOLO PARTE DELLO SPETTRO40L ASSORBIMENTO DELLE FOGLIE NON E TOTALERENDIMENTO QUANTICODEL PROCESSO CLOROFILLIANO0,2,5'5I RESPIRAZIONEENERGIA RESIDUA DISPONIBILE SOTTO FORMA DI LEGAME CHIMICO15,51La conversione biologicadell'energia solareUtilizzando il processo naturale di fotosintesi e' possibile ridurre sia il consumo di combustibili convenzionali sia l'inquinamento ambientale e ottenere proteine, materie prime per l'industria chimica e combustibilidi Italo Federico Quercia e Piero QuerciaLa produzione economica di energia in grande quantita', che e' il carattere distintivo della attuale civilta' tecnologica rispetto alle civilta' precedenti, e', tuttora, in gran parte fondata sull'uso della energia solare accumulata a breve termine sotto forma di energia potenziale dell'acqua nelle nuvole (energia idroelettrica) ovvero a lungo o lunghissimo termine, sotto forma chimica nei vari com-bustibili fossili. Se escludiamo le quantita', percentualmente limitate, di energia che viene prodotta per via idroelettrica, geotermica o nucleare, e' dunque l'azione combinata dell'energia solare e dei processi biologici di conversione e fissazione dell'energia sotto forma di legami chimici all'interno della materia organica, che ci rifornisce di combustibili e di materie prime oltre che di cibo.La conversione e fissazione dell'energia solare sotto forma di legami chimici - che e' stata yinventatay dalla natura alcuni miliardi di anni fa - avviene per tramite del processo di fotosintesi, un processo estremamente complesso e tuttora non completamente compreso. Tale processo ha in generale come risultato quello di produrre materiale organico e ossigeno partendo dall'anidride carbonica, dal-18 19MATERIA PRIMA: CARTA DI GIORNALE CONTENUTO PERCENTUALE DI CELLULOSA IDROLISI DELLA CELLULOSARECUPERO DELL'ENZIMAPRODOTTO IN GLUCOSIO CONCENTRAZIONE DEL PRODOTTO FRAZIONE DI CELLULE RICICLATE885 TONNELLATE AL GIORNO61%50% IN 40 ORE A 45 C34%238 TONNELLATE AL GIORNO4%0,65EMICELLULOSAGLUCOSIO-72%MANNOSIO-1,5%CELLULOSA-61%XILOSIOEsempio di analisi del processo di digestione enzimatica su cellulosa da carta di giornale, ottenuta con un mutante del fungo Trichoderma viride che ha un'elevata produzione di cellulasi, enzima idrolitico della cellulosa. La carta usata e' quella del yWall Street Journaly, la cui composizione nominale e' indicata in basso a sinistra. In basso a destra la composizione nominale degli zuccheri. TONNELLATE GRAMMI AL EFFICIENZA FOTOSINTESI ALL'ETTARO METRO QUADRATO (PERCENTUALE DELLA PER ANNO PER GIORNO RADIAZIONE TOTALE)RACCOLTI PERENNI 29 8 1,0RACCOLTI ANNUALI 22 6 0,8PRATERIE 22 6 0,8FORESTE SEMPREVERDI 22 6 0,8FORESTE DECIDUE 15 4 0,6SAVANA 11 3 Medie con le rese migliori dei raccolti in peso secco per la zona temperata europea. L'efficienza fotosintetica e' calcolata di v idendo il contenuto energetico di una coltura cresciuta in un anno su un ettaro di terreno, per la quantita' media di energia solare che cade in un anno sulla stessa area.cento del carbonio fissato fotosinteticamente. Il margine d'utilizzo di tale processo sembra dunque essere gia' enorme, ma se ne puo' aumentare di molto il rendimento energetico in uscita e in entrata accrescendo la produttivita', variando e scegliendo i raccolti, disseminando efficientemente, riducendo di molto tutti i processi di deterioramento, e cosi' via. Probabilmente la massima efficienza praticamente raggiungibile in colture per la fotosintesi e' tra il 5 e il 6 per cento della radiazione totale in condizioni ottimali (si veda la tabella in basso in questa pagina).Il rendimento quantico teorico della clorofilla puo' essere calcolato facilmente: l'anidride carbonica, CO2, in forma di carboidrato, ha un contenuto energetico di 0,47 MJ/mole di CO2; corrispondentemente una mole di quanti - cioe' 6,02 x 1023quanti - di luce rossa alla lunghezza d'onda di 680 nm (che e' la luce con il contenuto energetico minimo necessario per provocare la fotosintesi) ha un'energia di 0,176 MJ. Quindi per fissare una mole di CO2, basterebbero solo 0,47/0,176 = 2,7 quanti di luce. Viceversa, per fissare una molecola di CO2 occorrono 8 quanti di luce (si veda l'illustrazione nella pagina a fronte); l'efficienza yquanticay del singolo processo clorofilliano e' dunque 2,718 = 33 per cento. Con luce di lunghezza d'onda minore, e quindi a contenuto energetico maggiore, il rendimento e' naturalmente minore.In media ora la fotosintesi nelle colture opera con un'efficienza circa dell'i per cento; ma in laboratorio si sono ottenute rese dell'8 - 10 per cento.L'efficienza massima raggiunta dalle colture in Europa e' dell'i per cento; viceversa per certe particolari coltivazioni di canna da zucchero nel Texas sudorientale si ha oggi una efficienza del 3 per cento. Si puo' quindi pensare che c'e' margine per migliorare ancora la resa energetica del processo per portarla vicino al 5,5 per cento teorico. Sarebbero suscettibili di notevoli miglioramenti, per esempio, le tecnologie per la produzione di colture protette, fino a ottenere un massimo di energia in uscita sotto forma di prodotti con un minimo o zero in entrata di energia convenzionale. Un metodo per ottenere questo risultato lo si conosce gia': in alcune colture protette se si aumenta all'interno la concentrazione di CO2, si osserva sperimentalmente che cio' comporta una drastica diminuzione della fotorespirazione e un aumento consistente del raccolto, come conseguenza dell'aumentata efficienza del processo di fotosintesi clorofilliana.Per di piu' si sa che la fissazione dell'azoto nelle proteine delle piante va in parallelo con l'accrescersi della fotosintesi: quindi potrebbe essere ridotta anche la necessita' di fertilizzanti azotati industriali che assorbono energia convenzionale per essere prodotti. Gli studi e le sperimentazioni sulla selezione genetica di piante che raggiungano l'optimum nel rapporto fra energia in uscita ed energia in entrata hanno dunque decisamente una buona probabilita' di successo.In talune piante e' stato scoperto un processo fotosintetico diverso dall'usuale. Per esempio il mais e la canna da zucchero nel processo iniziale fissano il carbonio in un composto del tipo C4, cioe' con 4 atomi di carbonio in luogo dei normali composti C3 (gli zuccheri). In base a questa osservazione si e' potuta formulare l'ipotesi che sarebbe interessante poter manipolare le piante in modo da introdurvi alcune caratteristiche di questo processo: esso infatti ha tutta una serie di conseguenze che possono essere sfruttate per aumentare il rendimento finale della fotosintesi. Le piante di questo tipo, per esempio, possono crescere con intensita' di irraggiamento luminoso molto diverse, richiedono un minore quantitativo di acqua e possono usare una minore concentrazione di CO2. Ma, cosa piu' importante, le piante di questo tipo a C4 presentano fotorespirazione molto ridotta.D'altra parte e' stato osservato che il processo di fotorespirazione puo' causare un calo molto notevole, fino al 50 per cento, dell'efficienza della fotosintesi.Questo calo e' provocato dalla ricircolazione del carbonio gia' fissato fotosinteticamente che viene riemesso parzialmente dalle piante sotto forma di CO2. Migliorando le nostre conoscenze sui processi Ca e sulla fotorespirazione, forse saremo in grado di migliorare l'efficienza globale della fotosintesi in talune colture selezionate. Per raggiungere questo scopo occorre uno sforzo di ricerca nel campo della scienza delle piante, in particolare per gli aspetti biochimici e fisiologici.Sembra anche possibile, secondo le piu' recenti ricerche, che si possa controllare il metabolismo delle piante per ottenerne l'aumento o la diminuzione in taluni particolari prodotti finali come per esempio i carboidrati, i lipidi, le proteine. In alcuni casi sembra addirittura possibile indurre le piante a fornire in maggiore quantita' un determinato componente chimico, come per esempio la gomma nella Hevea. Senza dubbio le piante sono organismi estremamente adattabili e in qualche modo disponibili alle manipolazioni da parte dei fisiologi e dei biochimici.Ogni anno vengono prodotte sulla Terra 10' tonnellate di cellulosa: e' questo il piu' abbondante tra i singoli componenti organici di origine vegetale. Essa puo' essere usata per produrre energia, cibo o derivati chimici. Cio' in generale si ottiene ricavando dalla cellulosa glucosio, con diversi processi chimici, il piu' promettente dei quali fa uso di enzimi, o di estratti di enzimi dai funghi.Il glucosio prodotto da uno qualsiasi di questi processi puo' essere convertito in alcool mediante fermentazione. Il meccanismo della fermentazione e' molto efficiente dal punto di vista energetico poiche' trasforma una molecola di zucchero (C6H1206), avente 6 atomi di carbonio, in due molecole di alcool (C2H5OH) aventi ciascuna due atomi di carbonio e con un contenuto energetico praticamente invariato (da 673 calorie per mole dello zucchero a 655 calorie per due moli dialcool), con la reazione: C61-11206 --4ermentazione 2C2HSOH+2CO2.Ora, mentre il glucosio puo' essere usato energeticamente solo dagli organismi viventi, l'alcool invece puo' essere utilizzato in svariati processi sia dagli organismi viventi che dalle macchine. Inoltre l'al- cool puo' essere adoperato non solo come carburante ma anche come materia prima per procedimenti chimici che ora si basano prevalentemente sull'uso del petrolio. In questo senso lo zucchero, e quindi l'al- cool, e' molto piu' pregiato come materia prima per l'industria chimica che non come combustibile.La produzione d'alcool dalla cellulosa e' un processo che, ove si riesca a ridurre il costo dovuto in gran parte alla macinazione, puo' competere sul mercato dei combustibili. Gia' nel 1975 poteva essere prodotto alcool industriale da materiali cellulosici, residui dell'agricoltura e dell'industria, o addirittura da rifiuti familiari, ad un prezzo del 50 per cento superiore a quello corrente. Tale prezzo gia' allora poteva essere ulteriormente ridotto, fino a raggiungere la competitivita', qualora sifossero utilizzati i sottoprodotti del processo enzimatico. Il glucosio puo' naturalmente essere usato direttamente senza previa fermentazione anche come materia prima per la produzione di derivati chimici o come cibo, ma non ci sono adeguate valutazioni sui costi comparativi per questi tipi di impieghi. E certo che il progressivo aumento del costo dei derivati del petrolio rende sempre piu' prossimo il momento in cui materie prime e combustibili derivati dalla cellulosa saranno economicamente concorrenziali.Molti dei rifiuti organici liquidi o semi- solidi di provenienza domestica, agricola o industriale costituiscono un possibile terreno di coltura per la crescita di alghe. Queste possono essere usate direttamente come cibo per gli animali, possono essere utilizzate, bruciandole, come combustibile, ovvero si puo' sottoporle a fermentazione per produrre metano e fertilizzanti. In buone condizioni la resa energetica puo' arrivare al 3-5 per cento dell'energia solare incidente, un valore elevato se si pensa che nel processotetici verificatisi milioni di anni or sono.Alcune di tali tecnologie, che potrebbero essere chiamate solari-biologiche, sono gia' a portata di mano, altre sono piu' remote nel tempo, altre ancora, che pure verranno citate, sono forse solo utopie. Descriveremo qui, in una breve rassegna panoramica, alcuni esempi di processi e di tecnologie che consentono o forse consentiranno in avvenire di fare il miglior impiego possibile dell'energia solare tramite l'uso di processi biologici al fine di ridurre il consumo di combustibili convenzionali; ridurre l'inquinamento dell'ambiente mediante la riutilizzazione dei rifiuti; produrre con nuovi processi pro-teme, materie prime per l'industria chimica e, addirittura, combustibili.Ta fotosintesi fissa ogni anno sotto forma di composti del carbonio circa 3 x 102' joule d'energia solare, che puo' venir considerata come energia immagazzinata. Questa quantita' supera di 10 volte il consumo mondiale d'energia nel 1970. La radiazione solare totale che colpisce la Terra e' di circa 3 x 1024 joule per anno, quindi la resa totale media della reazione fotosintetica si aggira sullo 0,1 per cento. Una popolazione mondiale di 3,5 x 109 individui consuma circa 1,5 X 1019 joule per anno di cibo, che e' solo lo 0,5 perti0,8skFe-S A Fe -S 8FERREDOSSINAFAD2 NADP1120,4C AODATCO2CITOCROMO iFe-SPLASTOCIANINACLOROFILLAP700 P7004e-I Illi iFOTOSISTEMA PRIMO4 FOTONI2 H20CLOROFILLAP680+0,8ittltto.FOTOSISTEMA SECONDO4 FOTONILa clorofilla esplica la propria funzione mediante assorbimento, da parte dei pigmenti P680 e P700, di quanti di luce di due colori diversi. Affinche' il processo nel cloroplasto possa essere attivato, sono necessari quattro elettroni e si richiede quindi l'assorbimento di otto fotoni.20 21LIMO2760 CHILOGRAMMIDIGESTIONE ANAEROBICABIOGAS215 METRI CUBIPARI A143 LITRI GASOLIOEFFLUENTI 648,5 LITRIPARI A 56,4 CHILOGRAMMI DI MATERIALE ORGANICO + 3,7 CHILOGRAMMI FOSFATI+ 3,25 CHILOGRAMMI POTASSIO+ 0,65 CHILOGRAMMI AZOTOACQUA 946 LITRICONCIME1814 CHILOGRAMMIEsempio di resa di un impianto di digestione anaerobica di rifiuti di porcilaia: oltre a biogas, si produce fertilizzante che, tra gli altri pregi, ha quello di essere inodoro e non inquinante.VASCADI PREPARAZIONELIQUAMISTAGNODI COLTURA DELLE ALGHEEFFLUENTEDALDIGESTOREACQUAVASCADI FLOCCULAZIONEALGHE CONCENTRATELETTODI ESSICCAZIONEDIGESTIONE ANAEROBICAPOLLINABIOGASGASOMETRODI MAGAZZINAGGIODEL BIOGASSchema di impianto sperimentato all'Universita' della Califonia a BerkeleN: tramite alghe e batteri anaerobi. l'energia solare trasforma pollina in biogas (70 per cento di metano) e ottimo concimeQuesta procedura di trasformazione dell'energia solare (fissata dalle alghe contenenti clorofilla) e delle sostanze nutritive del fango nell'energia chimica del metano e' in potenza uno dei sistemi biologici piu' rapidi ed efficienti; infatti e' un processo nutrizionale a ciclo chiuso, nel quale inoltre la velocita' della digestione e' estremamente alta; residui organici, che sono decomposti velocemente dai batteri anaerobici nel digestore, lo sono molto piu' rapidamente tramite la crescita e digestione delle alghe verdi.Il sistema a liquami-alghe-crostacei (o processo di acquacoltura) consiste essenzialmente nel far accumulare il fango in vasche aperte e nello stimolarvi (magari mediante l'inoculo di una specie prescelta) la crescita delle alghe (Tetraselmis o Chlorella).Le alghe, immesse progressivamente in un successivo bacino, favoriscono la crescita di minuscoli crostacei (come l'Arte- mia salina)che tra l'altro utilizzano l'ossigeno emesso dalle alghe stesse per effetto della luce sulla clorofilla.L'effetto combinato alghe-crostacei e' quello di ridurre drasticamente il contenuto in fosfati e nitrati nelle acque reflue, contribuendo alla loro depurazione. In definitiva, partendo dai rifiuti organici e dall'energia solare, si ottiene la depurazione delle acque e la produzione di grandi quantita' di piccoli organismi (crostacei) che costituiscono un ottimo mangime, per esempio per gamberi e pesci. Il ciclo puo' dunque essere chiuso con un adeguato impianto di piscicoltura.Questo tipo di ciclo evita uno dei problemi che si presentano nelle colture di alghe: quello della raccolta.Un sistema alternativo che e' oggi allo studio - anche in Italia - ma che puo' essere adottato solo la' dove si disponga di un clima caldo (temperatura > 15 C) ovvero di acque tiepide (sorgenti termali o scarichi industriali o di centrali termoelettriche o nucleari) e' costituito dalla coltiva-zione del ygiacinto d'acquay (Eichhornia crassipes), una pianta che cresce rigogliosa nei climi caldi in acque anche pesantemente inquinate. Essa ha l'effetto di rimuovere dall'acqua sostanze nutritive organiche, metalli pesanti e sostanze chimiche (per esempio fenoli). Si calcola che un ettaro di coltura a giacinto d'acqua puo' dare circa 150 tonnellate/anno di prodotto (in peso secco) il quale, tramite digestione anaerobica, puo' fornire circa 80 000 m' di metano all'anno, oltre a un ottimo fertilizzante.Tornando alle alghe si calcola che, ottimizzando i vari processi, e pur includendo la quantita' di energia consumata e le perdite per conversione, si puo' raggiungere una produzione netta di 12,5 x 103 cal/m2 anno, pari a 14,6 K Wh/m2 anno in metano; il costo di questo metano e' alto se non si tiene conto del beneficio dovuto al trattamento dei rifiuti e alla produzione di fertilizzanti.In California si ottengono quantita' di alghe superiori ai 250 kg al giorno per ettaro (in peso secco) in media annua. Questa cifra raggiunge un valore 3 volte superiore durante i mesi estivi. In pratica, in buone condizioni, un bacino di un ettaro di superficie puo' produrre alghe il cui contenuto energetico e' dell'ordine di 150 000 KWh/anno, cioe' dell'ordine del- 1'1-2 per cento dell'energia solare totale che ha investito durante l'anno la stessa superficie. W.J. Oswald come curiosita' ha valutato che tutte le proteine necessarie agli Stati Uniti potrebbero essere prodotte con un sistema di bacini per coltivazione delle alghe avente una superficie 30 volte inferiore alla superficie attualmente coltivata nel paese. Le alghe infatti hanno un elevato contenuto di proteine, che va dal 50-60 per cento nelle alghe verdi al 60-70 per cento nelle alghe azzurre. Gia' in piu' di dieci paesi e' in progresso la sperimentazione sulla crescita delle alghe, e l'interesse di questo metodo per produrre energia, fertilizzanti e mangimi oltre che per depurare le acque va rapidamente crescendo in tutto il mondo.Liso delle alghe non e' che uno dei tanti modi attraverso i quali si possono produrre colture interessanti prevalentemente per il loro contenuto energetico. Questo esempio e' utile per modificare il nostro modo tradizionale di pensare che solamente le colture forestali abbiano un interesse per la produzione energetica: in realta' molte diverse specie vegetali possono essere prese in considerazione come potenziali sistemi per catturare e accumulare l'energia del Sole. Incidentalmente, e' solo tramite le piante che possediamo una sorgente rinnovabile di combustibili e di materiali organici.Studi di fattibilita' sull'uso delle ycolture energetichey, se cosi' possono essere chiamate, sono stati compiuti in USA, Australia, Europa e Brasile.In USA sono state prese in esame colture arboree decidue e pare accertato che con 38 cm di pioggia per anno queste possano dare una efficienza di conversione dello 0,6 per cento su aree non arabili.Una centrale elettrica di 400 MW potrebbe cosi' essere alimentata da un'area di circa 20 000 ettari. Larghe aree marginali, non utilizzabili per agricoltura, forestazione o pascolo, esistono in molti paesi (tra i quali forse anche il nostro) e potrebbero utilmente essere prese in esame per le colture energetiche.Un punto interessante, emerso da questi studi condotti negli USA, e' che in una data regione basterebbe dedicare alle colture energetiche solo il 10 per cento dell'area per realizzare una capillare produzione di energia elettrica, senza ricorrere a grossi impianti ne' alla destinazione di aree troppo larghe ne' all'uso di una costosa e poco efficiente rete di distribuzione a grande distanza.In Australia sono state selezionate 5 specie di piante, eucalipto, manioca, Hibiscus, Pennisetum purpureum (quella che gli americani chiamano napier gruss) e canna da zucchero, come quelle che danno potenzialmente raccolti annui ad alto contenuto energetico. Si calcola per esempio che l'alcool prodotto dalla manioca avrebbe gia' un costo economicamente competitivo, se si potesse semplificare il costoso processo di distruzione delle pareti cellulari. In un impianto capace di trattare 100 000 tonnellate l'anno il costo dell'alcool prodotto si aggirerebbe attorno alle 250 sterline australiane per tonnellata, una cifra che e' gia' competitiva con il costo dell'alcool per usi industriali (275 sterline australiane per tonnellata).Il Brasile ha varato un programma di oltre 400 milioni di dollari per la produzione di etanolo dalla canna da zucchero e dalla manioca con lo scopo di sostituire almeno il 20 per cento del petrolio. Il piano prevede la coltivazione a manioca di 1-2 milioni di ettari. Il costo dell'alcool ricavato e' attualmente di 1 dollaro/gallone contro 1,5 dollari/gallone che e' il costo del petrolio importato.In molti altri paesi sono in corso studi, valutazioni economiche e programmi sperimentali sulle colture energetiche. Appare di frequente, dai dati calcolati nelle piu' diverse situazioni ambientali e climatiche, che il costo dei combustibili di produzione fotobiologica si trova gia' tanto vicino al costo dei combustibili di origine fossile, che un piccolo ulteriore aumento del costo di questi ultimi renderebbe subito economiche tali colture.Tra i sistemi naturali per la decomposizione dei rifiuti quello noto da piu' lungo tempo e' probabilmente il processo di digestione anaerobica. E noto, per esempio, che se viene coperto del materiale organico con uno strato di acqua calda, questo diviene prima acido, poi, dopo circa sei mesi, viene trasformato in alcali. La trasformazione e' operata da ymetanobatteriy la cui presenza si rileva con l'apparire di migliaia di bolle di gas nella soluzione.La digestione anaerobica e' uno di quei processi naturali che non sono stati spiegati completamente ancor oggi, nonostante sia nota da molto tempo. Pasteur stesso una volta tratto' l'argomento valutando la possibilita' di produrre metano dae' inclusa anche l'accumulazione dell'energia.E interessante osservare che con questo metodo si hanno simultaneamente diversi vantaggi, oltre quello di eliminare i rifiuti e di purificare le acque. Altri sistemi convenzionali di eliminazione dei rifiuti possono essere in talune regioni ancora piu' costosi, senza il beneficio di produrre energia (anzi spesso dissipandone parecchia), mangimi o fertilizzanti.Fra i sistemi di biotrattamento di fanghi di scarico (citta', distillerie, ecc.) utilizzanti nel ciclo le alghe, particolare interesse rivestono quello a liquami-alghe-metano e quello a liquami-alghe-crostacei. Nel processo fango-alghe-metano (si veda l'illustrazione nella pagina a fronte), alghe verdi vengono fatte crescere su liquami diluiti, quindi sono raccolte e trasferite a un digestore anaerobico per produrre metano, fanghi per riciclaggio e fertilizzanti.Schema di uno dei processi piu' promettenti per la conversione di cellulosa in glucosio, utilizzante enzimi o enzimi ricavati da funghi. La cellulosa puo' essere ricavata da piante, erbe, paglia di cereali e ancherifiuti domestici (che contengono fino al 60 per cento di carta o residui vegetali ). Da 1 tonnellata di carta da macero si puo' produrre mezza tonnellata di glucosio, che puo' essere trasformata in 250 litri di alcool.RICICLAGGIOENZIMIE CELLULOSANON TRATTATAALCOOLPROTEINEUNICELLULARIPRODOTTIDI FERMENTAZIONEGLUCOSIORESIDUI CELLULOSA LEGNOSI ^^, MACINATA -1 RIFIUTI DOMESTICI CELLULOSA 30%RIFIUTI CARTACEI ENZIMI 0,1% TEMPERATURA 50 C REATTOREENZIMIFUNGHI22 23rifiuti animali di fattoria. Anche in Cina sembra siano stati usati per lungo tempo sistemi di copertura di lagune che favorissero l'anaerobiosi in situ.Il primo concreto esempio di costruzione di un ydigestorey capace di produr-re metalio dai rifiuti organici tramite il processo anaerobico pare sia apparso in India a Bombay verso il 1900. Tra il 1920 ed il 1930 si ebbe un grande sviluppo di questi impianti in piccola scala da laboratorio, fino a giungere alla seconda guerramondiale quando la mancanza di combustibile fece si' che si costruissero in Germania e in Francia moltissimi digestori per uso agricolo (ancora oggi, nonostante la concorrenza del petrolio, molte fattorie in questi due paesi continuano a usare digestori casalinghi), per produrre il bio- gas che e' una miscela di circa 2/3 di metano e 1/3 di anidride carbonica.Al presente le ricerche piu' avanzate e piu' estese nella produzione e applicazione del ybiogasy si svolgono forse in India dove la popolazione rurale della nazione in via di sviluppo (priva di fonti energetiche decentralizzate) si e' dovuta servire di questi sistemi per sopravvivere. I bovini in India producono infatti oltre 800 milioni di tonnellate di rifiuti all'anno: piu' della meta' di questi viene usata come combustibile, il resto come ottimo fertilizzante.In USA, invece, dove il problema principale era l'eliminazione dei rifiuti, piu' che il loro utilizzo (ora le cose stanno cambiando rapidamente in favore del riciclaggio e riutilizzo in molti modi degli scarichi; problema che in Italia, con carenze energetiche ben maggiori, dovrebbe essere stato affrontato da tempo) i di- gestori sono stati limitati solamente al trattamento di liquami urbani (l'impianto Hyienion di Los Angeles per il trattamento dei liquami genera, da solo, il metano necessario per le sue pompe di aerazione primaria: 24 motori da 2000 HP diesel).Te specie batteriche implicate nel pro- 1-2 cesso di digestione anaerobica sono di due tipi: batteri acidofori (cioe' produttori di acidi) e metanofori (produttori di metano). La figura di pagina 25 pre-senta lo schema generale del processo di fermentazione, che e' poi esemplificato con il caso della decomposizione di uno specifico carboidrato (il glucosio) per ottenere metano, attraverso una successione di tre reazioni.La prima reazione si riferisce alla trasformazione del glucosio in acido acetico per mezzo dei batteri produttori di acidi. Quindi l'acido acetico prodotto deve essere neutralizzato, cosi' come si vede nella seconda reazione. Se non e' disponibile una quantita' di tampone sufficiente (come, ad esempio il bicarbonato d'ammonio presente) il pH s'abbassera' di molto e la terza reazione sara' inibita completamente. Si vede chiaramente che il tampone (NH4FICO3) consumato nella seconda reazione viene riformato nella terza.Prendendo in esame queste reazioni tipiche si deve considerare che i batteri produttori di acidi (prima reazione) sono molto resistenti a mutamenti anche notevoli dell'ambiente loro circostante e non influiscono in genere sulla velocita' della reazione totale. Invece i metanofori sono batteri strettamente anaerobi ed estremamente sensibili a cambiamenti (anche se minimi) dei parametri chimico-fisici: temperatura, pH, rapporto fra carbonio e azoto e cosi' via di seguito.Tra i fattori limitanti il processo di digestione anaerobica sono dunque questi parametri che devono essere rigorosamente rispettati: 1.) la temperatura deve essere tenuta costantemente prossima a 35 C per abbassare al massimo il tempo di detenzione e per raggiungere l'optimum di azione dei batteri mesofili; 2) il pH compatibile con la vita dei batteri metanofori deve essere tra 6,6 e 6,7; 3) i batteri non sopportano alte concentrazioni di metalli pesanti (ferro in quantita' minori di 500 milligrammi per litro) o di cationi solubili; 4) il contatto tra microrganismi e l'alimento loro somministrato deve essere favorito mediante un adeguato mescolamento; 5) il substrato nutritivo stesso deve essere continuo e senza sbalzi di flusso eccessivi; 6) il tempo di detenzione prima che la reazione avvenga deve essere di almeno 10 giorni e varia al variare della temperatura.Di contro a tutte queste limitazioni operazionali si hanno molti vantaggi dall'uso della digestione anaerobica dei rifiuti: in primo luogo la produzione di biogas con un contenuto del 65-70 per cento di CH4 (combustibile non inquinante) e del 30-35 per cento di CO2 (tracce di H2S potrebbero essere presenti se la digestione non viene condotta perfettamente). Il metano puo' essere usato direttamente come combustibile oppure accumulato in bombole (compresso) o in appositi gaso- metri. Quella della facile accumulazione e del trasporto e' una delle prerogative piu' valide di questo combustibile.Il fango di uscita dal digestore puo' essere riutilizzato in molti modi: esso contiene infatti piu' del 20 per cento di humus e puo' essere usato direttamente come condizionatore del suolo (lo rende friabile, soffice e ne aumenta la capacita' di trattenere l'acqua). Inoltre (molto dipende anchedal materiale di partenza) esso in genere contiene diverse sostanze con alto potere fertilizzante, come anche diversi microelementi indispensabili per la crescita delle piante (quali calcio, ferro, magnesio, zolfo, zinco, ecc.).Se i rifiuti da digerire sono di tipo agricolo, non c'e' alcuna controindicazione dunque nell'uso dei fanghi di digestione come fertilizzante. Occorre infine rilevare, dal punto di vista ecologico, che l'eliminazione dei rifiuti e degli scarichi tramite digestione anaerobica avviene al chiuso (contrariamente a molti altri sistemi) e che quindi l'inquinamento ambientale non esiste.In un paese come il nostro e' stato valuta- to che circa 1'11 per cento dei consumi energetici vanno nell'agricoltura. Di questi solo un quarto sono costituiti dai consumi inerenti ad operazioni meccanico- -agricole (trattori, trebbiatrici, trasporti, ecc.) mentre i 3/4 circa vanno nella produzione di concimi chimici.Qualora fosse possibile aumentare consistentemente l'uso di concimi naturali (per esempio, come abbiamo visto, mediante il riciclaggio dei rifiuti) ovvero aumentare il tasso di fissazione spontanea dell'azoto atmosferico nelle colture, potrebbe venire di conseguenza ridotta la spesa di energia per la produzione dei concimi chimici, e quindi la spesa totale di energia per impieghi agricoli.La fissazione biologica dell'azoto atmosferico avviene per mezzo di alcuni organismi yspecializzatiy, batteri o alghe. Il complesso enzimatico che espleta in questi organismi la funzione di fissare l'azoto e' sempre lo stesso: l'enzima dettoCOMPLESSI ORGANICIBATTERI ACIDOFORIACIDI ORGANICITAMPONE vACIDI ORGANICIIBATTERI METANOFORIBIOGASappunto nitrogenasi riduce l'azoto in ammonio servendosi del contributo energetico dell'ATP e sfruttando un basso potenziale di riduzione per l'attivazione. L'ammonio cosi' fissato finisce per trasferirsi dai sistemi simbiotici nelle parti strutturali delle piante.Oggi si pensa che una delle maggiori limitazioni alla capacita' di fissare azoto derivi da una inadeguata quantita' di carboidrati che i sistemi simbiotici sono in grado di fornire ai batteri azoto-fissatori; forse una fotosintesi piu' efficiente potrebbe migliorare anche la percentuale di azoto fissabile. D'altra parte una notevole quantita' di ricerche sono gia' oggi dedicate alla manipolazione genetica dei batteri azoto-fissatori.Un'interessante esperienza e' stata fatta su colture protette di soia. Aumentando di tre volte le concentrazioni di anidride carbonica nell'atmosfera respirata dalle piante, si e' osservato un aumento di ben 6 volte nella quantita' di azoto fissato per unita' di area. La soia ynutritay con aria arricchita di CO2 era in grado di fissare 1'85 per cento dell'N2 a essa necessario; la soia cresciuta in atmosfera normale, invece, fissava solo il 25 per cento dell'N2 necessario, mentre il rimanente 75 per cento doveva essere rifornito tramite concimi nitrati. Questo aumento di fissazione di N2 si puo' spiegare con la decrescita della fotorespirazione dovuta all'aumento di CO2 nell'atmosfera.Sotto diversi aspetti viene oggi conside- rata interessante anche la prospettiva di utilizzare l'idrogeno come combustibile. Infatti qualora potesse essere prodotto economicamente, l'idrogeno costituireb-C61-11206(GLUCOSIO) BATTERI ACIDOFORI3 CH3COOH(ACIDO ACETICO) +3 NH4HCO3 (BICARBONATO DI AMMONIO)3 CH3COONH4(ACETATO DI AMMONIO)+ 3 H20 + 3 CO2 1 BATTERI METANOFORI3 CH4 (METANO) ++ 3 NH4HCO3 (BICARBONATO DI AMMONIO)RIFIUTI ORGANICIRICICLO ALGHE, D1GESTOREACQUA PURIFICATASOLEALGHESOLEALGHE, CROSTACEI(Artemia salina)SOLEMANGIME PER PESCIPISCICOLTURACROSTACEI (Artemia salina)Schema di impianto della National Oceanographic and Atmosphere Administration a Galverston nel Texas: mediante la luce solare e le alghe, i rifiuti nutrono crostacei e purificano l'acqua.DIGESTORERACCOLTAEMACINAZIONEGIACINTO D'ACQUARACCOLTAEMACINAZIONEDIGESTORE<11.^ACQUE PURIFICATELABORATORICHIMICIGAS PER USUFFICIEABITAZIONIGASLIQUAMI DOMESTICI LIQUAMI IDOMESTICIDOMESTICIBACINO PRIMARIOGASOMETROMETANOGASOMETROMETANORIFIUTI CHIMICIIMPIANTODI RECUPEROMETALLI PESANTIBACINO DI FILTROFERTILIZZANTESchema di impianto sperimentato dalla NASA per il trattamento di residui organici domestici e di laboratorio chimico. Grazie alla colturadi giacinto d'acqua vengono purificati i reflui, si producono metano e fertilizzanti, e si ottiene infine anche il recupero dei metalli pesanti.Lo schema generale del processo di fermentazione (a sinistra) che ha luogo nella digestione anaerobica e (a destra) il processo specifico nel caso in cui il composto di partenza sia glucosio.24 25------MEMBRANA CELLULAREPROTONI iESTRATTILUCEPROTONI DI RITORNO TRAMITE L'ATP-ASIMEMBRANA PURPUREA-Grazie alla membrana purpurea, gli alobatteri sotto l'azione della luce si comportano come pompe di protoni. I protoni estratti si possono quindi combinare per formare molecole di idrogeno.be realmente un combustibile che presenta molti aspetti positivi: in primo luogo poiche' viene ottenuto dall'acqua e poiche', durante la combustione, si trasforma di nuovo in acqua, l'idrogeno costituisce in qualche modo un yveicoloy energetico che non lascia tracce dietro di se'. Inoltre le tecnologie per accumulare, in fase li - guida, e trasportare l'idrogeno sono gia' oggi sufficientemente sviluppate e affidabili. Per la produzione di idrogeno dalla scissione dell'acqua viene spesso considerata la possibilita' di utilizzare, quale sorgente primaria di energia, il reattore nucleare. In questa direzione un consistente sforzo di ricerca e' in atto. In linea di principio questo gas puo' anche essere prodotto per via fotochimica, cioe' mediante la fotolisi dell'acqua. Sappiamo infatti che dal punto di vista termodinamico un quanto di luce verde ha sufficiente energia per provocare la scissione: H20 > H2 + 1/2 02. Quanti di luce azzurra o violetta hanno ancora piu' energia della minima necessaria; viceversa occorrerebbero almeno 2 quanti di luce gialla o rossa per ottenere - energeticamente - la precedente reazione di fotoscissione.Tutti i tentativi di ottenere quantita' apprezzabili di idrogeno dalla fotolisi dell'acqua o di soluzioni acquose sono, fino a oggi, falliti. In ultima analisi e' facile trovare una spiegazione a questo insuccesso: e' dovuto unicamente al fatto che i prodotti primari della reazione fotolitica sono costituiti da radicali liberi altamente reattivi, che tendono rapidamente a ricombinarsi nelle soluzioni acquose. Una possibilita' di risolvere questo problema si potrebbe ottenere qualora si fosse in grado di separare spazialmente i prodotti della reazione di fotolisi, per esempio mediante una membrana asimmetrica. Finora, pero', non e' stata ancora tecnicamente realizzata una membrana che sia in grado di tenere separati i radicali riducenti e quelli ossidanti. Naturalmente nessuna legge chimico-fisica impedisce la realizzazione di questi tipi di membrana e cio' e' stato dimostrato dal fatto che da ben tre miliardi di anni esistono le piante il cui funzionamento e' appunto basato sulla fotolisi dell'acqua e sulla separazione dei prodotti della reazione. In questa reazione che, come e' noto, e' operata dalla clorofilla l'ossigeno viene rilasciato nell'atmosfera (anzi l'unica sorgente dell'ossigeno atmosferico e' proprio questa) mentre nelle reazioni biologiche l'idrogeno non compare frequentemente come gas. In realta' nelle piante in luogo di H2 compare una forma ridotta di una ben definita proteina - la ferredossina - che e' caratterizzata dalla presenza di ferro e zolfo in legame inorganico.Il problema di tenere separati i prodotti riducenti e ossidanti della fotolisi e' stato risolto dalle piante appunto mediante un complicato sistema di membrane asimmetriche intracellulari. Questo sistema, nelle piante piu' evolute, eucariote, e' racchiuso nei compartimenti subcellulari, quali i cloroplasti.Si potrebbe studiare, magari medianteuno sforzo di ricerca prolungato, la possibilita' di produrre membrane asimmetriche artificiali le quali forse potrebbero avere un'efficienza superiore a quella stessa delle piante. Infatti, mentre i processi vitali delle piante debbono far fronte a un grande numero di problemi diversi - difesa dell'ambiente, sopravvivenza, riproduzione, ecc. - le membrane artificiali avrebbero il solo scopo di produrre un riducente (cioe' un combustibile).In effetti fino a ora sono state isolate ymembrane purpureey dal batterio Halobium che vive in alte concentrazioni saline e nelle aree calde e assolate. Queste membrane, molto stabili, che nel batterio funzionano sotto l'azione della luce come ypompe di protoniy, sono state utilizzate in laboratorio per creare dei sistemi che producono un fotopotenziale di 200 mV tra le due facce delle membrane ; danno luogo a gradienti di pH che possono generare H2 e 02 in compartimenti separati; funzionano come dissalatori, mediante lo scambio tra protoni e ioni Na + o K+ ; producono ATP se l'enzima ATP-asi viene incorporato nella membrana.Un'altra linea di ricerca parte dalla osservazione che alcune alghe possono produrre idrogeno per via fotosintetica. Cio' avviene in condizioni ambientali particolari, come e' stato provato presso diversi laboratori. Un particolare enzima, detto idrogenasi, contenuto nelle alghe, sembra quello che in particolare favorisce la liberazione d'idrogeno; cio' e' stato dimostrato in laboratorio unendo sostanze estratte da foglie e batteri.Recentemente l'enzima idrogenasi e' stato purificato in forma stabile ed e' stato studiato in diverse specie batteriche fotosintetiche (Rodospirillum rubrum, Chromatium e Thiocapsa).Il fine ultimo di questa linea di ricerca e' quello di riprodurre in vitro sinteticamente il sistema fotosintetico di queste alghe e batteri: si sta tentando di usare un catalizzatore Fe-S sintetico al posto dell'idrogenasi, membrane stratificate di clorofilla o vescicole invece di cloroplasti e un catalizzatore con un sito attivo contenente manganese, che liberi 02 dalla H20.B stato costruito un sistema a due fasi in cui l'02 viene liberato alla luce e l'H2 al buio; e un processo a una fase in cui sia l'H2 che l'02 vengono liberati contemporaneamente e quindi separati da membrane semipermeabili.In un futuro, forse anche prossimo, tale sistema sintetico di produzione dell'H2 potrebbe essere estremante attraente perche' funziona con la luce visibile, richiede come fonte illimitata di energia il Sole, come substrato utilizza solo l'acqua, non inquina assolutamente e produce il gas H2 facilmente immagazzinabile. Non esiste nessun altro processo energetico che abbia tutte queste prerogative insieme. Tuttavia ci sono ancora grandi problemi di stabilita' che debbono essere realmente superati prima che tali sistemi possano divenire pratici.Di recente si sono ottenuti sistemi aventi stabilita' fino a circa sei ore e che hanno rese in idrogeno maggiori di 3-4volte di quelle ottenute in tutti i sistemi precedentemente sperimentati. Questi risultati incoraggianti hanno consentito di cominciare a considerare anche gli eventuali aspetti economici di questi processi. Assumendo una efficienza di conversione energetica del 10 per cento, per ora ipotetica, si e' calcolato che nei deserti degli Stati Uniti sudoccidentali potrebbero essere prodotte 9 moli di H2 per m' al giorno, cioe' circa 180 kg di H2 per ettaro al giorno. Per sistemi di questo genere l'acqua di mare potrebbe fornire la ymateria primay.Se tutto cio' sara' realizzabile, i sistemi biofotolitici potranno competere forse con vantaggio con i sistemi tecnologici di termoconversione dell'energia solare attualmente in uso. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che queste conclusioni oggi sono ancora basate su sperimentazioni e conoscenze assolutamente allo stadio preliminare, e un grande sforzo di ricerca e' tuttavia necessario per poter progredire in queste direzioni.Come e' noto, quasi tutte le piante producono carboidrati; esistono tuttavia delle specie vegetali le quali in luogo di carboidrati producono idrocarburi. Un esempio ben conosciuto e sfruttato su ampia scala e' l'albero della gomma (Hevea brasiliensis) che produce un particolare idrocarburo, la gomma, sotto forma di un'emulsione che prende il nome di lattice. Tuttavia nella gomma gli idrocarburi presentano un arrangiamento atomico e un peso molecolare diversi che negli idrocarburi tipo petrolio: per esempio mentre il peso molecolare dei petroli si aggira intorno a 10 000, la Hevea produce un idrocarburo (la gomma) avente peso molecolare che oscilla tra 500 000 e2 000 000.Fortunatamente esistono numerosissime specie di piante (circa 2000) che fissano l'energia solare sotto forma di idrocarburi a basso peso molecolare tipo petrolio. Alcune di queste piante appartengono alla numerosa famiglia delle euforbiacee; il gruppo di ricercatori guidati da Melvin Calvin dell'Universita' della California a Berkeley, ha indirizzato la propria attenzione appunto sulla Euforbia tiruncalli, una specie che cresce in particolare nel sud della California. Il lattice ricavato da questa pianta e' composto per un terzo da idrocarburi a peso molecolare inferiore a 50 000 e disposizione atomica differente dalla gomma, e assai simile, invece, a quella dei petroli, trattandosi di molecole relativamente piccole.Sembra dunque che la Euforbia druncalli possa essere una buona candidata a fornire la materia prima per manipolazioni chimiche tendenti a estrarne molecole che possano sostituire il petrolio in usi diversi: sia come combustibile sia per la derivazione di plastiche. Queste piante, che crescono in regioni aride e assolate come quelle della California del sud, non e' escluso che possano crescere anche in talune regioni dell'Italia meridionale, dove non sarebbero invece possibili coltivazioni agricole convenzionali.FORTE PORTATORIOSSIDANTE DI ELETTRONI }Ar**/* \2H+11202I 'insieme delle nostre conoscenze suiprocessi che si possono indicare come ybioconversione della energia solarey sono oggi allo stesso tempo molto estese ma forse troppo indirizzate al quasi unico scopo di produrre cibo. Un cambiamento in questo atteggiamento e' certamente auspicabile e probabilmente anche utile al fine di osservare da punti di vista nuovi i problemi che deve affrontare l'umanita'. Dagli esempi sopra riportati si trae infatti l'impressione che con le metodologie della bioconversione sia gia' oggi possibile non soltanto migliorare la resa in cibo per ogni unita' di energia non rinnovabile consumata, ma anche affrontare i problemi del contenimento dell'inquinamento ambientale, della degradazione dell'ambiente fisico e, non ultimo, della disponibilita' di nuovi combustibili ottenuti da risorse rinnovabili.Dal punto di vista del contributo al bilancio energetico dei paesi sviluppati e' difficile oggi dire quale potrebbe - ipoteticamente - essere la percentuale derivante da processi di bioconversione. Certamente non e' falso affermare che, se a queste tecnologie fosse rivolta solo una piccola parte dell'attenzione che viene oggi rivolta ai problemi sollevati dall'uso dell'energia nucleare, si potrebbero otte-2H+IDROGENASI0.0H2 IDROGENOnere rapidamente informazioni tali da poter decidere se la yvia biologicay non sia realmente competitiva - sotto tutti i punti di vista - rispetto alle yvie tecnologichey che sono state tradizionalmente perseguite.Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo probabilmente la situazione e' ancora migliore: la bioconvesione puo' realmente permettere in questi paesi una evoluzione energetica che abbia contemporaneamente il vantaggio di non allontanare violentemente le popolazioni dalle tecnologie gia' a esse note e di non renderle soggette alle importazioni di materie prime energetiche il cui costo e la cui disponibilita' sul mercato mondiale sono al di fuori del loro controllo.In conclusione riteniamo che un vasto campo di attivita' attenda la ricerca da quella fondamentale a quella industriale - per un miglior sfruttamento dei processi naturali di bioconversione. Gli sforzi in questo senso sono certo apprezzabili, ma scarsi se commisurati a quelli che si concentrano in altre direzioni (per esempio la fusione nucleare); in Italia in particolare - salvo l'attivita' di taluni gruppi di ricerca - mancano in questo settore addirittura qualsiasi discussione e qualsiasi piano di ricerche coordinate.INGRESSO LIQUAMI ORGANICISOPRANATANTE ZONA ATTIVASCARICO SOLIDIUSCITA BIOGAS ( - 70% METANO)SCHIUMASchema di un digestore convenzionale in cui, a partire da rifiuti organici, tramite il processo di digestione anaerobica, e' possibile produrre biogas (per 2/3 metano e 1/3 anidride carbonica).2.- CENTRI Fe-S'\CLOROFILLA RIDUCENTI FORTIHz0FERRE- DOSSINALo schema visualizza come membrane di cloroplasti, combinate con l'azione dell'idrogenasi, possano separare idrogeno dall'acqua utilizzando l'energia fornita dai quanti di luce solare.26 27